Mi chiamo Lucio, sono nato nel 1943 e sono un musicista.
Nel 1965 conosco Giulio Rapetti, in arte Mogol, che decide di scrivere i testi della mia musica.
Nel 1967, “29 settembre”, cantata dall’Equipe 84, è la nostra prima canzone che arriva al primo posto nella Hit Parade.
Giulio crede anche nelle mie qualità di cantante e mi convince ad interpretare i nostri brani.
Nel 1969, “Mi ritorni in mente” vende 25.000 copie al giorno.
Nel 1970 scriviamo “Emozioni”.
Nel 1971 sei nostre canzoni occupano stabilmente le prime dieci posizioni della Hit Parade.
Nel 1973 nasce mio figlio Luca e due fotografi entrano in clinica fingendosi infermieri, aggredendo mia moglie Grazia Letizia che aveva appena partorito.
Rifiuto due miliardi di lire da Gianni Agnelli per esibirmi al Teatro Regio di Torino e canto, di nascosto e senza compenso, per i degenti dell’Istituto Nazionale dei Tumori.
Nel 1975, a Milano, tentano di rapire il mio unico figlio e solo grazie all’intervento dei passanti si scongiura il peggio.
Negli anni Ottanta vengo colpito da una irreversibile malattia dei reni, che porta al loro rapido deperimento.
Per anni mi sottopongo a dialisi a giorni alterni.
Un giorno volo a Parigi per un trapianto, ma il nuovo rene rigetta e devo ricominciare.
Nel 1998 la situazione precipita, mi diagnosticano un male e vengo ricoverato all’Istituto San Paolo di Milano.
Non conta che la mia discografia completa sia rinvenuta in un covo delle Brigate Rosse.
Non conta che io abbia venduto nel mondo oltre 25 milioni di dischi.
Non conta che David Bowie mi abbia definito il migliore cantante del mondo.
Non conta che Paul McCartney conservi tutti i miei album.
Non conta che Pete Townshend consideri “Emozioni” un capolavoro.
Giulio, in ospedale l’ultimo giorno mi fa recapitare un biglietto e io mi commuovo.
Nel sistemarmi i tubi al corpo, il medico si emoziona e mi confessa che per lui sono un mito.
Volo via il 9 settembre 1998 a 55 anni, quando mi mancano due esami alla laurea in matematica.
Sono stato Lucio Battisti, un Angelo caduto in volo, davanti a me c’è davvero un’altra vita e sono ora qui nei cieli immensi dell’immenso amore, felice di avere cambiato le vostre vite, rendendole migliori.
Nel 1965 conosco Giulio Rapetti, in arte Mogol, che decide di scrivere i testi della mia musica.
Nel 1967, “29 settembre”, cantata dall’Equipe 84, è la nostra prima canzone che arriva al primo posto nella Hit Parade.
Giulio crede anche nelle mie qualità di cantante e mi convince ad interpretare i nostri brani.
Nel 1969, “Mi ritorni in mente” vende 25.000 copie al giorno.
Nel 1970 scriviamo “Emozioni”.
Nel 1971 sei nostre canzoni occupano stabilmente le prime dieci posizioni della Hit Parade.
Nel 1973 nasce mio figlio Luca e due fotografi entrano in clinica fingendosi infermieri, aggredendo mia moglie Grazia Letizia che aveva appena partorito.
Rifiuto due miliardi di lire da Gianni Agnelli per esibirmi al Teatro Regio di Torino e canto, di nascosto e senza compenso, per i degenti dell’Istituto Nazionale dei Tumori.
Nel 1975, a Milano, tentano di rapire il mio unico figlio e solo grazie all’intervento dei passanti si scongiura il peggio.
Negli anni Ottanta vengo colpito da una irreversibile malattia dei reni, che porta al loro rapido deperimento.
Per anni mi sottopongo a dialisi a giorni alterni.
Un giorno volo a Parigi per un trapianto, ma il nuovo rene rigetta e devo ricominciare.
Nel 1998 la situazione precipita, mi diagnosticano un male e vengo ricoverato all’Istituto San Paolo di Milano.
Non conta che la mia discografia completa sia rinvenuta in un covo delle Brigate Rosse.
Non conta che io abbia venduto nel mondo oltre 25 milioni di dischi.
Non conta che David Bowie mi abbia definito il migliore cantante del mondo.
Non conta che Paul McCartney conservi tutti i miei album.
Non conta che Pete Townshend consideri “Emozioni” un capolavoro.
Giulio, in ospedale l’ultimo giorno mi fa recapitare un biglietto e io mi commuovo.
Nel sistemarmi i tubi al corpo, il medico si emoziona e mi confessa che per lui sono un mito.
Volo via il 9 settembre 1998 a 55 anni, quando mi mancano due esami alla laurea in matematica.
Sono stato Lucio Battisti, un Angelo caduto in volo, davanti a me c’è davvero un’altra vita e sono ora qui nei cieli immensi dell’immenso amore, felice di avere cambiato le vostre vite, rendendole migliori.
Mi chiamo Lucio, sono nato nel 1943 e sono un musicista.
Nel 1965 conosco Giulio Rapetti, in arte Mogol, che decide di scrivere i testi della mia musica.
Nel 1967, “29 settembre”, cantata dall’Equipe 84, è la nostra prima canzone che arriva al primo posto nella Hit Parade.
Giulio crede anche nelle mie qualità di cantante e mi convince ad interpretare i nostri brani.
Nel 1969, “Mi ritorni in mente” vende 25.000 copie al giorno.
Nel 1970 scriviamo “Emozioni”.
Nel 1971 sei nostre canzoni occupano stabilmente le prime dieci posizioni della Hit Parade.
Nel 1973 nasce mio figlio Luca e due fotografi entrano in clinica fingendosi infermieri, aggredendo mia moglie Grazia Letizia che aveva appena partorito.
Rifiuto due miliardi di lire da Gianni Agnelli per esibirmi al Teatro Regio di Torino e canto, di nascosto e senza compenso, per i degenti dell’Istituto Nazionale dei Tumori.
Nel 1975, a Milano, tentano di rapire il mio unico figlio e solo grazie all’intervento dei passanti si scongiura il peggio.
Negli anni Ottanta vengo colpito da una irreversibile malattia dei reni, che porta al loro rapido deperimento.
Per anni mi sottopongo a dialisi a giorni alterni.
Un giorno volo a Parigi per un trapianto, ma il nuovo rene rigetta e devo ricominciare.
Nel 1998 la situazione precipita, mi diagnosticano un male e vengo ricoverato all’Istituto San Paolo di Milano.
Non conta che la mia discografia completa sia rinvenuta in un covo delle Brigate Rosse.
Non conta che io abbia venduto nel mondo oltre 25 milioni di dischi.
Non conta che David Bowie mi abbia definito il migliore cantante del mondo.
Non conta che Paul McCartney conservi tutti i miei album.
Non conta che Pete Townshend consideri “Emozioni” un capolavoro.
Giulio, in ospedale l’ultimo giorno mi fa recapitare un biglietto e io mi commuovo.
Nel sistemarmi i tubi al corpo, il medico si emoziona e mi confessa che per lui sono un mito.
Volo via il 9 settembre 1998 a 55 anni, quando mi mancano due esami alla laurea in matematica.
Sono stato Lucio Battisti, un Angelo caduto in volo, davanti a me c’è davvero un’altra vita e sono ora qui nei cieli immensi dell’immenso amore, felice di avere cambiato le vostre vite, rendendole migliori.
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